Diabete nei cani: complicanze che è possibile evitare curando l’alimentazione
28 Marzo 2022
3 minuti
Il fegato è un organo con una incredibile varietà di funzioni ed un notevole potenziale di rigenerazione. Riceve tutti i nutrienti appena ingeriti prima che questi vengano assorbiti nella circolazione, quindi qualsiasi tossina, alimento, farmaco ha su di esso un notevole impatto. Solo la corretta diagnosi di una patologia epatica può consentire di impostare terapie adeguate, indispensabili per la sopravvivenza.
Il fegato è un organo coinvolto nel metabolismo di glucosio, grassi, proteine, ormoni, è deputato alla sintesi e stoccaggio di vitamine e minerali, fattori della coagulazione e anticoagulanti e ha l’importante funzione di detossificare l’organismo. Nonostante la sua grande capacità di rigenerare vere e proprie parti di tessuto, alcune patologie (le cosiddette “epatopatie”) possono essere potenzialmente fatali.
Le epatopatie possono essere acute o croniche, e quando vengono diagnosticate devono essere trattate tempestivamente, non solo con i farmaci, ma anche con una adeguata terapia alimentare.
Nella maggior parte dei casi, l’epatopatia acuta è causata da danni tossici (farmaci quali acetaminofene, il carprofen, il mebendazolo, i sulfamidici e il fenobarbitale) e, meno frequentemente, infettivi (CAV 1, Leptospirosi in animali non vaccinati), traumatici, da colpo di calore o compromissione vascolare. Talvolta batteri risalenti dall’intestino possono dare origine a infezioni del sistema biliare.
L’epatite cronica è invece una condizione in cui il fegato all’esame istologico (analisi di parti di tessuto) risulta infiltrato da cellule infiammatorie, con necrosi, rigenerazione e fibrosi, in associazione a segni clinici di malattia infiammatoria e aumento degli enzimi epatici agli esami del sangue per un minimo di 4-6 mesi. Le cause sono rappresentate da anormale accumulo di rame nel fegato e danno epatico indotto da farmaci (ad es. anticonvulsanti ad uso prolungato), tossine o la presenza di infiltrati linfoplasmocitari (che può suggerire un meccanismo immunomediato).
I segni clinici delle epatopatie possono essere rappresentati dall’ insorgenza di anoressia, vomito, aumento della sete e dell’urinazione, febbre, grave disidratazione, ittero (colorazione giallastra delle mucose, della sclera e della cute), pallore delle mucose, debolezza, aumento di volume di fegato e milza alla palpazione dell’addome, dolorabilità addominale.
Nei casi più gravi si possono avere disturbi della coagulazione, versamenti liquidi nella cavità addominale (ascite), disorientamento, convulsioni e coma. L’encefalopatia epatica rappresenta lo stadio terminale di una grave insufficienza epatica e si manifesta quando ormai il fegato non è più in grado di eliminare le tossine provenienti dal tratto gastroenterico.
Possono essere indicativi di patologia epatica l’aumento degli enzimi epatici (ALT, AST, GGT, ALP), aumento della bilirubina, la diminuzione del glucosio, del colesterolo e delle albumine, la presenza di globuli rossi più piccoli della norma, aumento dell’ammoniaca sierica, anomalie all’esame coagulativo.
Diagnosi
Quando, in base ai segni clinici o agli esami di routine, si sospetta una epatopatia subclinica o un’anomalia vascolare deve essere effettuato l’esame degli acidi biliari sierici e deve essere sempre eseguita una ecografia addominale, l’esame più specifico per indagare lo stato del parenchima, dei dotti biliari, dei vasi sanguigni. Le anomalie vascolari (come gli shunt ad esempio) possono invece essere individuate mediante la portografia mesenterica operatoria o la scintigrafia epatica (che richiede apparecchiature specializzate e l’impiego di traccianti radioattivi).
Per la diagnosi definitiva sarà sempre necessaria una conferma istologica o citologica (con eventuale esame colturale di fegato e bile) per definire se il problema è primitivo o secondario e per determinare i livelli di rame nell’organo.
Le terapie mediche
Le terapie mediche in corso di epatopatia devono essere mirate, oltre all’eliminazione della causa sottostante, al rallentamento della progessione del danno ossidativo epatico e a favorire la rigenerazione e il “riposo” del fegato durante la convalescenza.
Ovviamente devono essere accuratamente trattati con cure di supporto tutti i sintomi correlati alla disfunzione epatica, come le ulcere gastrointestinali (con antiacidi e gastroprotettori), l’eventuale encefalopatia epatica (con il lattulosio e antibiotici come il metronidazolo), l’ascite (con farmaci diuretici) e i disturbi della coagulazione (con vitamina K o plasma fresco congelato).
Steroidi: l’uso di questi farmaci deve essere assolutamente evitato in tutte quelle forme acute in cui si sospetti una causa infettiva (a causa della immunodepressione che possono indurre), ma sono i farmaci indicati per il trattamento delle forme croniche, in quanto hanno potere antifibrotico e immunomodulatore. Bisogna utilizzarli tuttavia con molta cautela e solo quando si ha diagnosi istologica di epatopatia autoimmune, considerando che aumentano il catabolismo proteico, aumentano la ritenzione di fluidi (peggiorando l’ascite), favoriscono le ulcerazioni gastrointestinali e possono peggiorare l’encefalopatia epatica.
Immunomodulatori: ad esempio azatioprina e ciclosporina, hanno molti effetti collaterali e possono essere utilizzate solo quando sussista la prova istologica di un processo autoimmune.
Chelanti del Rame: sono la 2,2,2-tetramina e la D- penicillamina, indicati nelle forme da accumulo di rame.
Zinco: ha un potente effetto antifibrotico e deve essere sempre aggiunto alla dieta di pazienti con epatopatia. Ha anche potere antiossidante e chelante del rame.
Acido ursodesossicolico: è un acido idrofilico in grado di spiazzare gli acidi biliari idrofobici (tossici), ha effetto coleretico (favorisce il deflusso della bile, infatti deve essere usato solo in assenza di ostruzione delle vie biliari), immunnomodulatore ed antiossidante.
Sam-e: è un potente antiossidante che combatte i radicali liberi generati ad esempio dall’accumulo di rame nelle cellule epatiche o dalle aflatossine.
Vitamine C ed E: potenti antiossidanti che difendono le cellule dalla perossidazione di membrana, ritardando la progressione dell’infiammazione e l’insorgenza dell’ittero.
Silimarina: è estratta dal frutto “cardo mariano” e protegge le cellule epatiche da danni ossidativi nei mitocondri, favorendo l’abbassamento degli enzimi epatici nei test di laboratorio, il miglioramento dei parametri coagulativi e favorendo la sopravvivenza nei soggetti trattati.
La terapia alimentare
Il trattamento dietetico dei cani con patologia del fegato è essenziale per mantenere una condizione corporea adeguata, sostenere la rigenerazione degli epatociti e prevenire o contrastare i segni dell’encefalopatia epatica.
Energia: Un cane con epatopatia deve ricevere una dieta con ampio apporto di energia e proteine per consentire la rigenerazione del fegato. Considerando che la maggior parte dei pazienti sono anoressici, deve essere molto appetibile e favorire l’appetito volontario, venendo offerta in pasti piccoli e frequenti, per evitare che il fegato debba “lavorare troppo”. Dopo 3-5 giorni di completo digiuno o alimentazione inadeguata si consiglia l’utilizzo di sonde per l’alimentazione forzata.
Proteine: In passato si tendeva a ridurre il contenuto proteico della razione ma recenti studi hanno invece dimostrato che, a meno che non ci sia già encefalopatia epatica, le proteine devono essere presenti in quantità da normale a moderata, essere di elevata qualità (contenenti cioè tutti gli aminoacidi essenziali) e molto digeribili (in modo da non rimanere a lungo nel colon ed essere così trasformate in ammoniaca, potente tossina). Le proteine del latte e della soia sono di norma tollerate molto bene nel cane.
Vitamine e Minerali: devono essere aggiunti alla razione tutti gli antiossidanti quali Same, Silimarina, Acido ursodesossicolico, Vitamine C ed E, lo Zinco, estremamente efficaci soprattutto se usati in associazione. Vanno assolutamente evitati tutti gli alimenti con elevato contenuto in rame (che induce danno ossidativo cellulare) quali ad esempio molluschi, legumi, rene, acqua di rubinetto proveniente da tubature in rame. Alimenti ricchi di zinco sono ad esempio il tuorlo d’uovo, i piselli, le patate, il riso, le lenticchie.
Fibre: Le fibre fermentescibili aiutano a ridurre l’insorgenza dell’encefalopatia epatica, aumentando il quantitativo di acidi grassi a corta catena nel colon, che intrappolano l’ammoniaca sotto forma di ioni ammonio, e riducendo la produzione di ammoniaca da parte dei batteri intestinali. Le fibre non fermentescibili servono invece a prevenire la costipazione, riducendo il tempo in cui i batteri sono a contatto con le feci per produrre ammoniaca. Le fibre devono comunque essere ben equilibrate nella razione per non interferire con la digestione e l’assorbimento dei nutrienti.
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